09 Nov
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Una mostra multisensoriale dedicata a una grande pittrice: storia di come ha preso forma la vita di un’artista d’eccezione.

A Roma fino al 29 marzo 2020 all’interno dello Spazio Eventi Guido Reni sarà possibile addentrarsi in un inedito universo in cui scoprire da vicino il volto e la persona della grande pittrice messicana Frida Kahlo. Per l’allestimento della mostra è stata scelta una forma particolare, cui il fruitore d’arte è ancora poco abituato. Non sono esposti i quadri dell’artista, ma viene ricostruita la sua biografica umana, professionale, intima e ideologica attraverso un itinerario che raccoglie nel suo percorso la quotidianità della pittrice. L’intento è quello di permettere allo spettatore un’immersione nella cultura messicana più veridica e meno stereotipata. Ad accompagnare il percorso espositivo una compagnia di Mariachi, musicisti in abiti tradizionali, completo nero bordato d’oro, volti accoglienti e, fieri di raccontare attraverso il canto, la tradizione della loro provenienza. Si viene accolti in sale dove sono riprodotte fedelmente alcune delle stanze della casa Azul, la casa in cui visse Frida, che fu della sua famiglia e che Diego Rivera, un anno dopo la morte della moglie avvenuta il 13 luglio 1954, lasciò in eredità al popolo messicano come museo. Tra le sale più significative che sono state ricostruite vi sono lo studio della pittrice e la sua camera da letto. Il luogo del suo lavoro, dove la sua appassionata ispirazione artistica prendeva forma e l’altro spazio, in cui era abituata a passare diverso tempo a causa delle sue infermità, divenne anch’esso luogo di meditazione e realizzazione artistica. Frida nel 1925, all’età di diciotto anni, di ritorno dalla scuola sul solito autobus fu coinvolta in un tragico incidente in cui subì gravi lesioni alla colonna vertebrale. Il dolore portò però con sé una rivelazione: Frida si scoprì definitivamente pittrice. Suo padre le presterà una scatola di colori ad olio: «Già da bambina mi sentivo attratta dalla scatola dei colori, senza saperne il perché. Nel periodo in cui dovetti rimanere a lungo a letto approfittai dell’occasione e chiesi a mio padre di darmela». Sua madre le farà costruire un cavalletto da apporre al letto così da permetterle di stare eretta sulla schiena cosa che il busto ortopedico le impediva: «Così comincia a dipingere il mio primo quadro, il ritratto di un’amica.» Il letto fu sormontato da un baldacchino su cui venne aggiunto uno specchio che permetterà a Frida di potersi osservare continuamente, diventando così il suo soggetto artistico prediletto: «Dipingo me stessa perché trascorro molto tempo da sola e perché sono il soggetto che conosco meglio.» Nelle sale che ospitano la ricostruzione degli spazi della Casa Azzurra si respira veramente un’atmosfera di magia tra favola e stregoneria poiché gli ambienti trasportano in un mondo, quello messicano, incantato e misterioso proprio come fu la magnifica Frida. Una bellezza severa che si riflette nel suo sguardo altero e fiero e che lo spettatore può scoprire nella serie di fotografie di Leo Matiz scelte per impreziosire la mostra. Sono fotografie in bianco e nero che ritraggono la pittrice nei suoi luoghi con indosso gli abiti tradizionali della cultura messicana e le  tipiche acconciature. Si rinuncia al colore, che tanto arricchiva quell’abbigliamento sontuoso e campagnolo insieme, ma si potenzia la grazia esuberante del portamento di Frida. Un essere umano di eccezionale forza vitale, energia, gioia di essere al mondo è quello che si scopre nell’animo della pittrice, rivoluzionaria e autoritaria, ribelle e remissiva, potente e fragile, che amava con tutta se stessa la vita in ogni sua parte di  piacere  e di dolore alternativamente. La sua pittura è espressione di tutto quello che le cresce dentro, di tutto quello che muove tra vertigine e tempesta il suo animo, è Il caos dentro. Non solo la pittrice messicana che abbandona le formule retoriche della pittura accademica influenzate dai colonialisti europei per riabbracciare le radici originarie dell’arte messicana, non solo la donna che è divenuta il simbolo dell’emancipazione femminile, non solo la romantica ideologa del comunismo che fece sue le battaglie del popolo, non solo la compagna di Diego Rivera, sua discepola e sua maestra, non solo la fervente amante che pensa all’amore come ad un sentimento di potenza universale, ma tutto questo insieme, racchiuso nell’esplosivo essere che fu. La mostra vuole essere la manifestazione visiva della grandezza meravigliosa e sofferente di questa pittrice, lo si evince dalle riproduzioni dei suoi quadri, nella serie di autoritratti virtuali posti lungo uno dei corridoi delle sale. Autoritratto con scimmia, Autoritratto con i miei pappagalli, Autoritratto con Tehuana, sono solo alcuni di essi, e ognuno nelle sue declinazioni rappresenta Frida Kahlo colta nella sua essenza, nel moto del suo essere, ma anche, attraverso di lei, l’universale, mobile condizione di tutti gli animi umani. I busti, che artisti contemporanei hanno dipinto ispirandosi alla memoria di quest’artista, i vestiti tradizionali indossati dalle donne messicane, le fotografie che ritraggono la pittrice, le stanze con il suo letto di morte, la sedia a rotelle davanti a un cavalletto dove un quadro riproduce una delle sue nature morte, i muertos della cultura mortuale messicana, la riproduzione del giardino della casa Azul a Coyoacán quartiere di Città del Messico, i suoni di acque che scorrono e uccelli esotici che cinguettano, il primo quadro attribuito a Frida, restituiscono la multiforme personalità di questa sublime artista, indigena e modernissima insieme, spaventevole e meravigliosa per la sua bellezza indecifrabile e la sua forza irraggiungibile.

BENEDETTA PALMIERI

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