14 Nov
14Nov

Si possono trovare soluzioni meno drastiche per evitare la chiusura dell''Ilva stando attenti a tutti: abitanti e lavoratori, se solo si volesse.

Ilva si, Ilva no? Questo è il problema, dubbio amletico che prolifera serpeggiando sulle pagine dei quotidiani e nei salotti televisivi. "Molto rumore per nulla” per citare ancora il Bardo, ossia: meno parole e più azioni, tornando al pallido principe danese. Il leit motiv di queste settimane sembra destinato a durare ancora a lungo, un “blablabla” che genera malcontento diffuso, tranne gli index auditel e i click online delle testate sul web. Del resto: chi darebbe ascolto se l'ascolto venisse meno? E allora giù a bomba: titoloni, articoli di giornale, trasmissioni televisive, chiacchiere da bar a fomentare ulteriore confusione, servisse almeno a qualcosa di concreto; opinionisti e tuttologi dell'ultim'ora sono bravissimi nel riferire il nulla di fatto dei politici e di chi detiene le sorti sospese di tante persone sospese nel limbo dell'incertezza. L'Ilva non è solo un tema caldo da cavalcare in tv o per fare propaganda politica e proselitismo, l'Ilva è un contenitore di persone e gente che viene messa una contro l'altra: da un lato i cittadini del quartiere dormitorio impestato dalle polveri sottili, dall'altro lavoratori che rischiano di essere mandati a casa, in mezzo ci passa di tutto, non ultima la questione ambientale. L'Ilva è una polveriera sulla quale si sta gettando benzina come sopra un incendio, dicendo tutto e il suo contrario, mentre si consumano i dibattiti televisivi. Ben venga il confronto, parlare è sano se poi si agisce di conseguenza, per costruire, nel rispetto reciproco, essendo propositivi, inutile però “sfiatare” rischiando di fare solo confusione nell'opinione pubblica, meglio tacere allora, evitando tanta demagogia e propaganda inutili, altrimenti signore e signori l'Italia non andrà né avanti né indietro, resterà così com'è, impantanata nella sua palude. Tralasciando le panzane del web, i post al vetriolo degli haters, i commenti inadeguati a quanto si posta sui social e alle balle che girano ovunque, dai salotti televisivi e stampa di parte, il dialogo/soliloquio si consuma ad alta visibilità tra: opinionisti , “professoroni” blasonati e titolati; cosa diceva a proposito della carta Totò?Tutti questi luminari non fanno altro che mostra del proprio ego senza risolvere un fico secco; demagoghi incapaci di agire, un po' come Amleto, anche se il principe danese alla fine andò in fondo, in seno alla sua presunta follia, vendicando suo padre ucciso in maniera meschina; Amleto voleva spazzare via da Elsinore, la lussuria e l'ingordigia di un Re e una Regina corrotti, e ci riuscì a scapito della propria vita. No, non dobbiamo fare come lui, non serve, basterebbe risolvere le cose con un pizzico di volontà e buon senso, senza giocare sempre ai guelfi e ghibellini, ai buoni e cattivi, ai cowboy e agli indiani, pensando al Bene Comune e alla collettività Italiana. Il dato che appare è che l'Ilva è il 7% del PIL italiano, mica quisquilie, l'Ilva è quella fetta di Bel Paese, una delle ultime ghiotte fette di torta, da spartirsi e mandare a remengo. Ma l'Ilva è anche un altro dato, più preoccupante, forse il più importante, il dato delle morti sospette, neanche troppo, per via delle polveri sottili sprigionate nell'aria, a causa di un impianto inadeguato, allora che si pensa: tagliare, chiudere, anziché risolvere altrimenti, perchè non ci si vuole accordare per chissà quali ragioni. Allora fa comodo che resti tutto così, che non cambi nulla, che gli abitanti si ammalino di tumore e i lavoratori perdano il proprio posto di lavoro e l'Italia perda quel 7% di PIL che in qualche modo fa la differenza. Altrimenti si sarebbe già adottata qualche misura per evitare tutta questa bagarre utile solo a riempire di contenuti inutili, il web, il cartaceo, la tv, le emittenti radiofoniche, purchè si parli straparli  ad oltranza, l'impressione che se ne trae è che non si voglia fare nulla di concreto, ossia: mettere in sicurezza l'impianto, bonificare l'area, offrire ai residenti le giuste garanzie per la loro salute; l'altra faccia della stessa medaglia vede dall'altro lato delle barricate i tanti lavoratori, 10.000 anime tra uomini e donne, quanto l'esercito di Fortebraccio, sempre per dirla con Shakespeare, che dis- avanzeranno  dall'eventuale chiusura dell'impianto più grande d'Italia, destinati a finire nel calderone dei cassa integrati, bella soluzione, nevvero?! E indovinate un po': chi li pagherà quei cassa integrati? I lavoratori stessi reclamano ciò che gli abitanti denunciano da anni, ma allora la domanda sorge spontanea: perchè non si è data mai soluzione a questo annoso problema? Perchè arrivare a questo punto? Perchè non muoversi prima? Dietrologia inutile? Forse si, forse no poiché il problema esiste da tempo, già anni fa se ne parlava tanto senza concludere nulla. Allora poi ti dai una risposta a domande tipo: che fine ha fatto quell'Italia che era il fiore all'occhiello dell'industrializzazione del paese e della produzione, che in tempi non sospetti vantava il settimo posto tra i paesi industrializzati, quell'Italia delle 100 competitività dove è andata a finire? Cosa sono le 100 competitività? Andate a domandarlo ai blasonati, titolati professoroni, ai giornalisti, opinion leader e direttori di testate che popolano il circo mediatico, cosa significa Italia delle 100 competitività.

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