22 Oct
22Oct

A Palazzo Braschi "Canova. L’eterna bellezza" in mostra fino a marzo 2020.

Ad ospitare la mostra dedicata al più illustre artista del Neoclassicismo uno dei più bei palazzi del centro di Roma, Palazzo Braschi. Spazio d’allestimento ideale poiché voluto da Papa Pio VI per  il nipote Luigi Braschi Onesti, lo stesso papa che volle la sua immagine scolpita dal Canova (monumento oggi conservato nella Basilica di San Pietro e terminata da Adamo Tadolini dopo la morte dell’artista). Lo stesso papa che incorse nelle infiammate vicende della Repubblica romana decretando il suo temporaneo esilio e l’allontanamento da Roma di Antonio Canova a causa delle sue posizioni che si mantennero sempre all’interno dell’ordine costituito (quello papale s’intende). Dunque, la mostra realizzata non consiste semplicemente nell’allestimento di un percorso che identifica Canova come l’artista principe del Neoclassicismo, ma è la narrazione dell’itinerario biografico, storico, artistico ed etico-filosofico che costruì Antonio Canova. Un itinerario perché la mostra è divisa in sale tematiche, ben 13 dove sono raccolte 170 opere, ognuna dedicata ad una fase umana e professionale dell’artista, nelle quali si raccontano le stazioni del suo viaggio. La Roma archeologica e rinascimentale incontrata da vicino per la prima volta. La scoperta del tragico alfieriano nella messa in scena dell’ Antigone, dramma che violenta l’animo della protagonista ma che lascia imperturbabile la sua forza d’animo. Il rapporto tra antico e moderno, tra classico e neoclassico nella riproposizione, così come fu voluta dal conte Alessandro Papafava in una delle sale del suo palazzo, di quattro statue: L’Apollo del Belvedere e Il Gladiatore Borghese con Il Perseo trionfante e Il Pugilatore Creugante del Canova. Gli anni della bufera napoleonica e quelli del ritorno papale che vedono l’artista nominato Ispettore generale delle Belle Arti attivo nell’operazione di recupero delle opere sottratte durante l’occupazione francese. Un universo estremamente ricco di vicende e incontri, di viaggi e di immensi periodi di studio passati nell’atelier di via delle Colonnette. Il risultato sono le sue grandi opere che in questa occasione sono proposte all’interno di un gioco di specchi e d’illuminazioni così come l’artista stesso avrebbe voluto per la loro  perfetta contestualizzazione. Ai visitatori è permesso, entrando in una stanza buia, munirsi di candele messe appositamente a disposizione, per poter osservare la luce che si riflette sul marmo ricadendo sui dettagli dei corpi dalle consistenze apparentemente vive. A rimanere impresso è il grande lavoro preparatorio che Canova dedicava alle sue opere: i gessi e i modelli rendono la perfetta idea di un operare scrupolosissimo durante la realizzazione dei suoi capolavori. L’attenzione ricade ai dettagli; il volto pensieroso e corrucciato di Napoleone ritratto con veridicità sorprendente in una colossale testa posta su un piedistallo, la molle dolcezza infantile di Amore e Psiche, l’abbandono di Endimione dormiente che sembra veramente illuminato dallo sguardo della luna, l’incanto femmineo del volto de L’Amorino alato, l’inquietudine spaventevole e la carica erotica di Maddalena penitente, la pesantezza atletica di Creugante, la soddisfazione affaticata di Perseo e l’eterna espressione di inaspettata sconfitta nei tratti di Medusa decapitata e infine l’incarnazione del bello, La Danzatrice. A questa perfetta forma di giovane che danza è dedicata un’intera sala a cui si accede spostando una pesante tenda di velluto nero. Su un piedistallo mobile che gira a 360° è posizionata questa ideale fanciulla di marmo, una ninfa, una semi divinità antica ma eternamente giovane, i lembi del vestito tra le mani, i piedi scoperti a toccare le erbe fresche vicino ai fiumi, fiori di primavera tra i capelli, un corpo delicato che si intravede sotto la veste trasparente, un viso serio e indecifrabile, la bellezza pura in movimento. È vero forse ci si sarebbe aspettati i grandi capolavori, Le Tre Grazie, Amore e Psiche nella versione del’Louvre, Paolina Borghese, La Venere Italica, ma il segreto fascino di questa mostra risiede nell’attenzione al dettaglio, nel mistero più nascosto del vero bello. La perfezione che prende forma nel marmo scolpito con arte e forza, amore, violenza e incolmabile delicatezza animate solo dal tocco e dall’occhio di un genio. Ed è per questo che quando si parla di Canova si parla di eterna bellezza, perché le sue opere esprimono il bello assoluto raggiunto attraverso una sofisticata attenzione ai minimi particolari, l’armonia naturale di un equilibrio geometrico: un profilo deciso e ingenuo insieme, le ali di una farfalla che non si spezzano perché toccate da mani leggere, i capelli bagnati che ricadono su un’espressione di dolore, le frecce di una faretra intarsiata, la serenità scolpita su una fronte giovane, la potenza impressa nel gesto di un eroe, la luce che scivola a raccontare un corpo meraviglioso. Ecco, questa è la perfezione inviolabile che rimane, che non svanisce nel tempo, che non ha temporalità perché eterna. E, se nel mondo odierno il bello è apparenza e  parossistiche distorsioni di cui non rimarrà più memoria, il principio dell’ideale apollineo che il Canova ha saputo imprimere nelle sue opere ci narra la storia immortale di una bellezza morale e filosofica, mentale e non solo fisica. Quella bellezza classica che il neoclassicismo recupera e che la grandezza dell’artista perpetua, la bellezza che l’uomo rintraccia nella forma perfetta della natura e che viene resa eternamente e inviolabilmente sempre presente.   

Benedetta Palmieri

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