03 Nov
03Nov

I manifestanti di Beirut portano a casa la loro vittoria: le dimissioni del Premier



All’elenco delle città e dei paesi in rivolta (Hong Kong e Cile) in questi ultimi giorni si è aggiunto il Libano.

A Beirut le proteste sono iniziate 13 giorni fa, quando il governo ha deciso di tassare le telefonate fatte con Whastapp, Facebook Messenger e FaceTime. In realtà, come negli altri paesi coinvolti da rivolte antigovernative, la reazione dei cittadini è dovuta a un malcontento più generale. La decisione di tassare le telefonate, infatti, si aggiunge a altre condizioni sfavorevoli per la popolazione: non si riesce a garantire corrente elettrica 24 ore su 24, chi può si compra un generatore, così facendo però alimenta un business di soggetti che traggono vantaggio da tale situazione; l’emergenza rifiuti, poiché sono state chiuse delle discariche e sette anni fa erano già nate delle proteste; infine la logica del “wasta”, si potrebbe tradurre come “raccomandazione” , uno scambio di favori che non fa altro che rafforzare l’establishment.

A oggi tale rivolta ha portato un gesto importante da parte del Premier Saad Hariri: le sue dimissioni. Sembra quindi che il tentativo dei cittadini di far scuotere la classe politica abbia funzionato.

Nel Libano, come a Hong Kong e in Cile, sono scesi in strada tutti coloro che hanno voluto dire “basta”, che hanno voluto fermare – nel caso libanese – l’allargamento della forbice di ricchezza tra le diverse fasce della popolazione e che hanno voluto dire “no alla corruzione”.

Che siano figli del tempo di Joker o figli di una insoddisfazione nata nel corso della storia, tutti questi manifestanti stanno provando a alzare la testa nel tentativo di cambiare il proprio paese. Ci riusciranno? Per adesso le dimissioni di Saad Hariri sembrano essere un segno verso questa direzione.


Elisabetta Amato

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