18 Nov
18Nov

La vicenda dell’autore turco tra la scarcerazione e il nuovo arresto.

È il 4 novembre quando uno degli autori e intellettuali più importanti della Turchia viene rilasciato dopo tre anni di carcere: è Ahmet Altan. Accusato di aver inviato “messaggi subliminali” in favore del colpo di Stato (fallito) del 15 luglio 2016 contro Recep Tayyip Erdogan (coinvolta anche la giornalista tv Nazli Ilicak). Sono pochi, però, i giorni di libertà per il fondatore del quotidiano “Taraf”, esattamente otto: il 12 novembre, infatti, è stato nuovamente arrestato. Tanti gli appelli da parte del mondo intellettuale, come il messaggio di solidarietà via Twitter di Roberto Saviano. Anche Amnesty International ha espresso il suo disappunto nei confronti di questa vicenda: si tratta di “un’ingiustizia scandalosa”. Perché sì, sembra che ancora una volta il presidente turco voglia mettere a tacere chiunque abbia il coraggio e la determinazione di denunciare e di creare un’opinione diversa. Quello di Ahmet Altan potrebbe essere definito l’esempio di terrorismo psicologico che diversi governi, fin dal Novecento, cercano di imporre nei confronti degli intellettuali: far tacere la cultura e i suoi rappresentanti, capaci di rompere le regole dell’ubbidienza e dell’accondiscendenza nei confronti di forme di governo paragonabili sempre più a delle dittature. “I regimi sono molto pericolosi per gli scrittori, però rappresentano anche una grande opportunità. Perché, al buio, una piccola candela la vedono tutti. Un fiammifero illumina più di un proiettore. Ecco perché vogliono spegnere la tua fiamma. Eppure con quella candela puoi mostrare a tutto il mondo cosa sta succedendo in quella stanza. Questo fa infuriare i regimi”.

ELISABETTA AMATO

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